08 aprile 2008

Del porno e dell'amatoriale

Ve le ricordate Seka, Ginger Lynn e Tia Carrere?
Rispondetemi di no ed avrò la conferma che sono vecchio o che siete dei mentitori.
Rappresentavano (con l’alloro della Hall of Fames) il primo serio, robusto e fertile porno commerciale che sbarcava dal libertario (e forse pre edonistico) continente a stelle e strisce.
Vestivano (e svestivano) come nessuna donna al mondo si era mai vista vestire (e svestire).
Scopavano con strani fiocchi annodati al collo, all’interno di stanze colorate da un pazzo (ve le ricordate le pareti rosa confetto e gialle e azzurre?).
Non parliamo delle situation: cose al limite del surreale.
Ma rappresentavano la trasposizione tangibile delle polluzioni notturne di una fascia di età compresa tra i 14 e i 44 anni.
Erano verbo che si faceva carne, erano il Porno con la p maiuscola, erano oltre il sesso consumato dai comuni mortali, erano un’icona di impossibile raffronto con la nostra fidanzata.

Avevano diviso le nostre erezioni secondo due sentieri: il primo, reale e sostanzioso, fatto di FIAT 127 parcheggiate nell’ombra di stradine fuori mano e di mutandine dell’Oviesse che scendevano a scoprire irsuti velli pubici e profumi di talco e pelle calda; il secondo, fatto di archetipi di casalinghe infoiate, sempre con le autoreggenti e i sandali, sempre coi fiocchi, sempre pronte a scopare in nome di una voglia così vorace, ma così vorace che era impossibile da ritrovarsi nel mondo reale.
Forse sono state la prima versione della virtualità, pur passando per le pagine lucide di Men e LeOre anziché lungo un doppino telefonico.
Sta di fatto che il porno commerciale era patrocinio loro, indiscusse ed inarrivabili dee.

Alcune operazioni commerciali d’oltre manica (ed in seguito d’oltre oceano), l’arrivo di formati casalinghi quali il mitico beta max (ah che scempio l’abbandono del beta!) ed il più popular VHS, diffusero il porno commerciale in maniera così vasta che l’esercito delle “dee” ha dovuto scendere un po’ dall’Olimpo, accogliendo maestranze assai meno blasonate.
I primi cinema porno cominciarono a chiudere, i generi si specializzarono, le situazioni si perfezionarono.
Erano gli anni ’80, quelli delle attrici pelose come scimmie e con ai piedi sempre, perennemente, immancabilmente le scarpe col tacco a spillo, chiuse ermeticamente.
Scoprimmo le prime dita dei piedi ai primi degli anni ’90. D’altra parte, in una donna nuda che scopa, il polo di attrazione diviene solo quella parte coperta…
Da lì in poi normali evoluzioni, ovvie strategie di vendita e copertura di nuove fasce di mercato.

Poi fu Internet.
A questo riguardo occorre fare alcune semplici considerazioni.
Internet rappresentò senza dubbio la via migliore per diffondere porno abbattendo i costi.
Servizi fotografici destinati ai magazine venivano riciclati in media risoluzione e venduti al prezzo di dieci riviste a fronte di un costo pari a venti volte meno per ciascuna potenziale rivista, specie se l’hosting era negli USA.

Questo canale open e low cost stimolò presto la nascita di un fenomeno interessante: così come io guardo, qualcuna vuole mostrarsi.
Ecco la magia delle parole exhibitionism and voyeurism, inapplicabili a media a senso unico come magazine e film.
L’amatoriale (spesso finto) cominciava a farsi strada, offuscando la bolla onirica delle inarrivabili, inesistenti, irrealizzabili porn stars mitologiche.

Cominciò a farsi strada il concetto che anche la signora Maria, opportunamente motivata, poteva divenire un interessantissimo spunto per attività di falegnameria. Forse anche meglio delle sintetiche attrici dello show business.
Lungo queste embrionali pulsioni si svilupparono interessanti fenomeni: reali donne animate dal primordiale desiderio di dimostrare (anonimamente) quanto fossero disinibite (la mitica Betty Italy che superava faticosamente l’inverno per poi togliersi mutande e tutto il resto in Corsica; chi la ricorda?), oppure mistificatori maschi che divenivano femmine (pure interessanti talvolta) e poi ancora mariti che mostravano le ignari compagne già trascinate s fatica nella produzione di materiale hot, sino a aggregazioni collettive di gay, lesbiche, pervertiti e chi più ne ha più ne metta, che facevano del sesso (badate che l’etichetta porno andava già sciamando) un vessillo di orgoglio e di appartenenza.

Insomma, il concetto di vivere comune con tutte le passioni del caso veniva incasellato sotto l’etichetta amatoriale (pessima traduzione dell’amateur inglese) e proliferava.
Al punto di condurre una traslazione profonda nel porn business, che virava verso protagoniste sempre più comuni e sempre più “insospettabili”, assecondando l’onda anomala di “anche mia moglie può”.

Il genere amateur impazza: basta che guardiate qualsiasi sito e noterete che non manca mai.
Non mancano i veri siti amatoriali, icona assoluta di come il denaro sia passato da chi produce servizio (la porn major) a chi produce i mezzi per sviluppare quel servizio (macchine digitali, cineprese digitali).

Il porno costa niente, le modelle nemmeno.
I sogni vanno a farsi benedire: anche la signora Maria scopa con la finestra aperta e io la posso filmare. Domani sarà su youtube (porntube, redtube e qualsiasi tube vi venga in mente).
La realtà ha fottuto la fantasia, siamo attorniati da porn stars, sappiamo che la ragazza che al supermercato cerca i fagioli borlotti sullo scaffale, al 90% avrà qualche foto hard di sè stessa sull’hard disk, ed al 100% sarà consumatrice di altrui porno (amatoriale, commerciale, di nicchia).

Tutto cambia, tutto è più semplice, l’Olimpo è stato smantellato ed al suo posto è stato costruito un supermarket dove giovani comuni signore (talvolta prive di biancheria intima in maniera consapevole e studiata) rappresentano contemporaneamente l’icona dei feticisti del piede, dei guardoni, dei maniaci dell’upskirt, dei patiti del VPL (visible panty lines, nel caso in cui abbiano qualcosa sotto), degli innamorati del perky nipples, dei cacciatori di catenine alla caviglia e chi più ne ha più ne metta anche qui.

La fornitura gratuita di materiale porn oriented (ma non sarò matusa e off target a continuare a usare il tag porno?) è tanto più abbondante quanto diminuisce l’età: giungiamo persino a scuola, dove la fighetta sedicenne di turno scoperchia capezzoli e culetto all’obiettivo della telecamerina dell’amica, in un turbine di risatine pronte a morire (forse, ma dico solo forse perché non ne sono convinto) nel momento in cui quel filmatino del sabato all’ultima ora plana su one-tube-of-your-choice.
Tempi duri per le major.

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